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Revista de Bioética y Derecho

versión On-line ISSN 1886-5887

Rev. Bioética y Derecho  no.44 Barcelona  2018

 

Sección General

Il consenso informato: i mutevoli rilievi penali della sua assenza nei trattamenti medici arbitrari e della sua presenza in caso di disposizioni anticipate di trattamento

Informed consent: the changing criminal reliefs of its absence in arbitrary medical treatments and its presence in case of early treatment provisions

Consentimiento informado: los cambios penales en su ausencia en los tratamientos médicos arbitrarios y de su presencia en caso de voluntades anticipades

Consentiment informat: els canvis penals en la seva absència en els tractaments mèdics arbitraris i de la seva presència en cas de voluntats anticipades

Alice Caputo1 

1Avvocato e professore a contratto di Diritto Penale, Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali (SSPL) dell' Università di Salerno, Italia

Riassunto

Nella relazione medico-paziente, il consenso informato del malato ha assunto, negli ultimi anni, un ruolo così rilevante da stravolgere spesso il sistema di responsabilità penale del medico in caso di intervento senza consenso, anche in caso di esito fausto. Vi sono state anche proposte legislative sull'introduzione del reato di intervento medico arbitrario e la questione sembra, ancora, tutt'altro che chiusa. Così come, attualmente, è al vaglio del Parlamento una proposta legislativa sulle disposizioni anticipate di trattamento, tutta incentrata sul consenso del paziente, che può non essere prestato o se già dato revocato anche per trattamenti medici quali la nutrizione e l'idratazione artificiali, con relativa esenzione da ogni responsabilità civile e penale per il medico. E' evidente che una tale enfatizzazione del consenso informato, da evoluzione fortemente sentita per coinvolgere il paziente nella cura, sta imboccando una strada pericolosa che rischia di svuotare completamente l'alleanza terapeutica medico-paziente che si gioca, pur sempre, sul campo della cura e della vita.

Parole chiave: consenso informato; responsabilità penale; intervento medico arbitrario; alleanza terapeutica; disposizioni anticipate di trattamento; interruzione dei trattamenti medici.

Abstract

In recent years, informed consent of the patient has assumed such an important role in the physician-patient relationship that it has changed the system of criminal liability of the physician in case of intervention without consent, even in cases with successful results. There have also been legislative proposals to introduce the crime of arbitrary medical intervention, making it difficult to find a solution to this conflict. At present, the Italian Parliament is examining a draft bill on advanced directives, focusing on patient consent, which may not be given, or may be revoked after they have been given, also for treatments such as artificial nutrition and hydration, exempting the doctor from all civil and criminal liability. It is evident that such an emphasis on informed consent, which involves the patient in his treatment, is taking a dangerous path that can completely empty the doctor-patient therapeutic alliance played out in the field of medical care.

Keywords: informed consent; criminal responsibility; arbitrary medical intervention; therapeutic alliance; anticipated treatment dispositions; interruption of medical treatment

Resumen

En los últimos años, el consentimiento informado del paciente ha asumido un papel tan importante en la relación médico-paciente, que ha cambiado el sistema de responsabilidad penal del médico en caso de intervención sin consentimiento, incluso en casos con resultados exitosos. También ha habido propuestas legislativas para introducir el delito de intervención médica arbitraria, pareciendo muy difícil encontrar una solución a este conflicto. En la actualidad, el Parlamento italiano examina una propuesta de ley sobre voluntades anticipadas, centradas en el consentimiento del paciente, que pueden no prestarse, o revocarse después de haberse dado, también para tratamientos como la nutrición y la hidratación artificial, eximiendo de toda responsabilidad civil y penal al médico. Es evidente que tal énfasis en el consentimiento informado, que involucra con tal fuerza al paciente en su tratamiento, está tomando un camino peligroso que puede vaciar por completo la alianza terapéutica médico-paciente que se juega en el campo de la atención médica.

Palabras clave: consentimiento informado; responsabilidad penal; intervención médica arbitraria; alianza terapéutica; voluntades anticipadas; interrupción del tratamiento médico

Resum

En els últims anys, el consentiment informat del pacient ha assumit un paper tan important en la relació metge-malalt que ha canviat el sistema de responsabilitat penal del metge en cas d'intervenció sense consentiment, fins i tot en casos amb resultats reeixits. També hi ha hagut propostes legislatives per introduir el delicte d'intervenció mèdica arbitrària, tot i que sembla molt difícil trobar una solució a aquest conflicte. En l'actualitat, el Parlament italià examina una proposta de llei sobre disposicions avançades de tractament (voluntats anticipades), centrades en el consentiment del pacient, i que tant poden no existir com revocar-se després d'haver-se manifestat, incloent-hi també tractaments com la nutrició i la hidratació artificial, eximint de tota responsabilitat civil i penal al metge. És evident que tal èmfasi en el consentiment informat, que involucra amb el pacient en el seu tractament, està prenent un camí perillós que pot buidar per complet l'aliança terapèutica metge-malalt en el camp de l'atenció mèdica.

Paraules clau: consentiment informat; responsabilitat penal; intervenció mèdica arbitrària; aliança terapèutica; voluntats anticipades; interrupció del tractament mèdic

1. Introduzione: da uno squilibrio ad un altro squilibrio

All'art. 32 della Costituzione italiana si legge che: "La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite agli indigenti.

Nessuno può essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana".

L'art. 32 Cost. contiene, infatti, l'affermazione solenne dei principi generali della tutela della salute, nella duplice accezione, di fondamentale diritto dell'individuo e interesse della collettività (1° comma), e della volontarietà del trattamento sanitario (2° comma). In base a questo secondo principio, più precisamente, nessuno può essere obbligato ad un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge, che non può in ogni caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana. Di regola, pertanto, nessun trattamento medico è praticabile sul paziente senza il suo consenso. Il principio della volontarietà, espressione dell'inviolabilità della persona, trova puntuale riconoscimento anche nei principali documenti comunitari e internazionali. La Convenzione sui diritti dell'uomo e della biomedicina di Oviedo del 2007 sancisce, infatti, che un trattamento sanitario può essere praticato se la persona interessata abbia prestato il proprio consenso libero ed informato. Allo stesso modo, nella Carta dei Diritti fondamentali dell'UE del 2000, all'art. 3 si legge che: "Nell'ambito della medicina e della biologia deve essere rispettato il consenso libero ed informato della persona interessata". Così anche la Carta Europea dei diritti del malato, all'art. 4, rubricato: "Diritto al consenso", sancisce che: "Ogni individuo ha il diritto di accedere a tutte le informazioni che possono metterlo in grado di partecipare attivamente alle decisioni che riguardano la sua salute. Queste informazioni sono un prerequisito per ogni procedura e trattamento, ivi compresa la partecipazione alle sperimentazioni".

Per l'attuazione di tale principio della volontarietà, così come per gli altri proclamati dalla Costituzione a tutela della persona e dotati di una parimenti marcata rilevanza sociale, è stato necessario il trascorrere di parecchio tempo e il maturare di una serie di condizioni favorevoli nel sistema, culturali prima che economiche e giuridiche, affinché potesse effettivamente ricondursi al paziente la decisione in ordine al trattamento medico. La volontarietà, infatti, deve valutarsi sia nella decisione se affrontare o non affrontare un determinato intervento medico, ma anche nella definizione degli specifici contenuti e delle modalità di esecuzione dell'intervento stesso. La libertà di scelta terapeutica del paziente, in sostanza, si concreta nella combinazione di tali profili, per quanto effettivamente rimessi all'autonomia dei singoli dalla legge e, soprattutto, dal contesto complessivo del sistema. Il consenso del paziente, in un non lontano passato, si calava in contesti culturali e professionali fortemente autoritari e chiusi, che lasciavano minimi spazi operativi all'esplicazione dell'autonomia del paziente stesso, nell'osservanza delle prescrizioni restrittive dell'ordinamento. Prevaleva una logica del tutto pubblicistica nella tutela della salute, funzionale alla realizzazione di finalità di carattere generale, per tanti aspetti, trascendenti la volontà del singolo paziente. Nel rapporto con il paziente assumeva un ruolo preminente il medico, esclusivo interprete delle leggi della medicina, unico dispensatore delle cure finalizzate alla salvaguardia della vita e della salute. L'autoritarismo, altrimenti detto paternalismo, del sistema si traduceva, con riferimento alla posizione del medico, nell'attribuzione di una forte supremazia, quasi, una vera e propria potestà curativa, verso il paziente, che ancora traspare dal linguaggio corrente1. La traduzione dei precetti costituzionali in regole rispettose delle essenziali prerogative della persona destinataria del trattamento medico si dipana in un lungo e tormentato processo evolutivo, tuttora in corso2. Tale evoluzione ha portato ad una lenta valorizzazione del consenso informato alla cura del paziente in un'ottica di rafforzamento dell'alleanza terapeutica medico-malato per una decisione condivisa. La definizione di alleanza terapeutica racchiude l'assenza di asimmetria nel rapporto tra medico e paziente che li unisce, altrimenti contraddistinto dalla prevalenza del ruolo del curante, il medico, e che racchiude in sé, pertanto, i contenuti del nuovo equilibro. Il paziente, allora, non è più semplicemente guidato dal medico, ma coinvolto nelle decisioni che lo riguardano nella cura.

Così come affermato da autorevole dottrina3, il consenso informato ha segnato il passaggio dalla concezione paternalistica dei doveri del medico, benefattore e onnidecidente, alla moderna concezione personalistica dei diritti del paziente, che si pone al centro del rapporto medico malato e della struttura sanitaria, come portatore di propri fondamentali diritti. Nonostante ciò, negli ultimi anni, l'importanza del consenso informato, nei vari ordinamenti giuridici, nei dibattiti pubblici e giurisprudenziali, ha assunto un tale rilievo da riportare il rapporto medico-malato e l'alleanza terapeutica che li lega in una nuova forma di squilibrio, diametralmente opposta rispetto alla prima: la preponderanza tout court del consenso del paziente, con conseguente svilimento della figura del medico. Si è passati da uno squilibrio ad un altro squilbrio, dal paternalismo del medico all'enfatizzazione della scelta del malato, scelta anche di non volersi curare, creando preoccupanti risvolti futuri: dall'eccessiva contrattualizzazione e burocratizzazione della relazione tra medico e paziente, fino a giungere alla legittimazione a rifiutare le cure, con possibili e probabili derive di natura eutanasica, legate all'interruzione dei trattamenti medici. Un nuovo colpo all'alleanza medico-malato che, pur contemplando la condivisione delle scelte terapeutiche, ha, intrinsecamente, da sempre, come fine ultimo la cura e la vita del malato. In questa lavoro, si tenterà di ricostruire, senza alcuna pretesa di esaustività, l'evoluzione della rilevanza del consenso informato in ambito penale, sia in caso di intervento medico arbitrario sia in caso di sospensione del trattamento medico per revoca del consenso nella nuova proposta legislativa sulle disposizioni anticipate di trattamento, cercando di lasciare intravedere, di conseguenza, le connessioni, sempre più strette, tra il consenso informato del paziente e la responsabilità penale del medico.

2. Gli sviluppi giurisprudenziali e dottrinali del rilievo penale del mancato consenso informato

Con la sentenza n. 438/2008, la Corte Costituzionale ha chiaramente affermato che il consenso informato, inteso quale espressione della consapevole adesione al trattamento sanitario proposto dal medico, si configura quale vero e proprio diritto della persona e trova fondamento nei principi espressi dalla Costituzione, in particolare, agli artt. 2, 13 e 32. Esso rappresenta la sintesi di due diritti fondamentali della persona: quello alla salute e quello all'autodeterminazione. L'intervento sul paziente, quindi, può essere posto in essere solo se si è in presenza del consenso di quest'ultimo: per tale ragione, come si è visto, non si parla più di "diritto", ma di facoltà di curare da parte del medico. Il consenso, pertanto, non funge da scriminante di un comportamento formalmente tipico ma da presupposto di liceità dello stesso trattamento medico che non può assolutamente avvenire contro la volontà del malato. Il consenso deve pervenire dalla persona legittimata e cioè dal paziente stesso o dal suo legale rappresentante; deve essere attuale al momento dell'intervento, essendo lo stesso, fino a che il trattamento non sia concretamente iniziato, sempre revocabile; e soprattutto, deve essere informato. In tale ottica, la libertà di cura è tutelata anche dalla normativa penale, tant'è che il medico che sottopone una persona ad un trattamento medico senza il suo consenso, ai sensi dell'art. 610 c. p., commette reato di violenza privata, in quanto con la sua azione costringe il paziente a fare qualcosa che lo stesso non vuole fare4. In verità, la configurabilità del reato più appropriato in caso di attività medica arbitraria è stata ampiamente dibattuta.

Oggetto di questo intenso dibattito, sia in dottrina che in giurisprudenza, è proprio il titolo della responsabilità del sanitario per intervento chirurgico arbitrario, ovvero non consentito, in quanto privo del consenso del paziente. Così come da tempo è dibattuto il valore del consenso informato come scriminante. Si è soliti distinguere se dall'intervento chirurgico non consentito, in quanto mancante il consenso, sia derivato un esito fausto o un esito infausto. La giurisprudenza più risalente, con la nota sentenza Massimo5 ha affermato che l'attività medico chirurgica è illecita a prescindere dall'esito, non potendosi ignorare il diritto di ognuno di privilegiare il proprio stato attuale, reputando configurabile la fattispecie di lesioni dolose in caso di esito fausto o infausto e di omicidio preterintenzionale, in caso di esito mortale. A sostegno di questa impostazione, si osserva che la nozione di malattia prescinde dalla valutazione dell'incidenza dell'intervento sulla salute del soggetto e che, pertanto, qualsiasi intervento, anche se migliorativo, si presta ad essere inquadrato nel concetto di lesione. Intendendo come malattia qualsiasi alterazione anatomica o funzionale dell'organismo, pienamente integrato dal taglio operatorio. Essendo l'attività medica illecita a prescindere, in caso di mancanza delle due uniche scriminanti di rilievo, il consenso informato o lo stato di necessità, per sottolineare la gravità del fatto, è necessario ritenere lecita la configurabilità del reato di lesioni dolose o, nel caso di morte del paziente, del reato di omicidio preterintenzionale.

Si tratta di un orientamento molto severo, che fa del consenso informato la scriminante che rende lecita l'attività medico chirurgica, illecita a prescindere, facendo rientrare come titolo di responsabilità dell'attività medica arbitraria reati distanti da quell'alleanza terapeutica che ha come fine la cura del malato. Contro questa impostazione, la dottrina6 più recente ha criticamente osservato che essendo il concetto di malattia un elemento extra penale della fattispecie, esso deve essere tratto dalla scienza medica, in virtù della quale è malattia solo una menomazione funzionale della salute e non certo un intervento migliorativo. Del resto, anche sul piano dell'elemento soggettivo, si osserva criticamente, che la tesi tradizionale espressa dalla sentenza Massimo dilata eccessivamente il carattere generico del dolo delle lesioni; si ritiene, al contrario, che per configurare il dolo occorre comunque un animus ledendi. Cosicché un intervento chirurgico, non consentito, con esito fausto non può integrare, né sul piano oggettivo, né su quello soggettivo, il delitto di lesioni dolose ex art. 82 c.p. Si ritiene, però, che l'intervento, per quanto abbia esito fausto, leda comunque la libertà di autodeterminazione del paziente ed integri pur sempre il delitto di violenza privata.

Tale severità non è sfuggita neppure alla giurisprudenza, successiva alla sentenza Massimo, che con la sentenza Barese del 20017 ha ritenuto non configurabile il reato di omicidio preterintenzionale perché l'elemento richiesto per tale delitto è non il dolo generico, ma per quanto riguarda l'evento non voluto, il dolo diretto o intenzionale. In questa pronuncia, la giurisprudenza non precisa il concetto di malattia ex art. 582 c.p., ma cerca comunque di mitigare il precedente orientamento non enfatizzando eccessivamente il consenso, che resta sì scriminante, ma applicabile nei limiti dell'art. 5 c.c.

Successivamente, in un'altra pronuncia8, la giurisprudenza si riallinea ai rilievi interpretativi dell'indirizzo più risalente e più rigido, ritenendo configurabile, in caso di mancanza del consenso, il delitto di lesioni personali poiché qualsiasi intervento chirurgico, anche se eseguito a scopo di cura e con esito fausto, implica il compimento di atti che, nella loro materialità, estrinsecano l'elemento oggettivo di detto reato, ledendo l'integrità corporea del soggetto. Ma il dibattito in giurisprudenza resta ondivago, perché in un'altra pronuncia9 il rilievo del consenso informato viene marginalizzato completamente in quanto la pratica sanitaria e, specialmente, quella chirurgica, salvo ipotesi dalle quali esula l'intento di tutela della salute, è sempre obbligata da uno stato di necessità generale, per così dire istituzionalizzato, intrinseco all'attività terapeutica e, pertanto, la responsabilità penale dell'attività medica arbitraria, priva del consenso del paziente, sia con esito fausto che con esito infausto, non ha rilevanza.

Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione con sentenza n. 2437/200910 sono intervenute per stabilire se abbia o meno rilevanza penale, sotto il profilo delle fattispecie di lesioni personali o di violenza privata, la condotta del medico che sottoponga il paziente, in mancanza di valido consenso informato, ad un trattamento chirurgico, pure eseguito nel rispetto dei protocolli e delle leges artis e conclusosi con esito fausto. Le Sezioni Unite hanno affermato che, ove il medico sottoponga il paziente ad un trattamento chirurgico diverso da quello in relazione al quale era stato prestato il consenso informato e tale intervento, eseguito nel rispetto dei protocolli e delle legis artis, si sia concluso con esito fausto, nel senso che dall'intervento stesso è derivato un apprezzabile miglioramento delle condizioni di salute, in riferimento, anche alle eventuali alternative ipotizzabili e senza che vi fossero indicazioni contrarie da parte del paziente medesimo, tale condotta è priva di rilevanza penale, tanto sotto il profilo della fattispecie di cui all'art. 582 c. p. di lesioni personali che sotto il profilo della fattispecie del reato di violenza privata, di cui all'art. 610 c. p.

La conclusione della Suprema Corte evita di dare rilevanza penale ad un fatto che non ha generato una malattia nel paziente. Si evita, pertanto, di paralizzare eccessivamente l'operato del medico e si tiene presente che il delitto di lesioni è reato con evento di danno, la cui sanzionabilità non può prescindere dal danno stesso, da escludere in caso di esito fausto.

Tale orientamento dal 2009 è stato confermato da altre pronunce giurisprudenziali successive11, dando rilievo, pertanto, alla mancanza del consenso, solo in caso di attività medica arbitraria con esito infausto.

Resta, comunque, una questione da non ritenere completamente chiusa. La difficoltà nel ricondurre l'intervento medico arbitrario in una tipologia di reato già esistente nel codice penale, così come emerso nel ripercorrere il vivace dibattito giurisprudenziale, da sempre alimenta la questione sulla possibile introduzione di una fattispecie ad hoc per colmare il vuoto di tutela, così come previsto in altri ordinamenti, in particolare in Austria e in Portogallo. Infatti, in questi due ordinamenti è stata introdotta una fattispecie di reato ad hoc per il trattamento medico arbitrario, inserendola, in entrambi i casi, nei reati contro la libertà morale. Su questa scia, anche in Italia si è lungamente discusso sull'introduzione di un reato specifico per punire l'intervento medico arbitrario. In particolare, nel progetto di riforma Pagliaro del 1992 si è sostenuta la necessità dell'introduzione di una norma incriminatrice specifica sul trattamento medico arbitrario da inserire nei delitti contro la libertà morale, con procedibilità a querela e con esclusione della punibilità in caso di esito fausto. Nel 1999 la Commissione Grosso ha fatto un passo indietro, sottolineando l'opportunità di non inserire un reato ad hoc per non irrigidire una disciplina che andrebbe, invece, riservata ai canoni, già esaminati, della prassi e della giurisprudenza, per la estrema delicatezza delle questioni connesse al consenso informato. Del resto, un tale allargamento del rilievo penale delle violazioni in tema di consenso informato, così enfatizzato, non costituisce una reale tutela del diritto alla salute del malato, in quanto il medico, in questa eccessiva enfatizzazione del consenso anche, per esempio, in caso di esito fausto, potrebbe relegare la relazione medico-malato ad una eccessiva contrattualizzazione o cedere ad atteggiamenti tipici della medicina difensiva, fortemente pregiudizievoli per la salute del paziente.

3. Recente proposta di legge recante norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento (a.c. 1142- A)

Attualmente, il ruolo del consenso informato ha assunto nuova rilevanza in relazione alle disposizioni anticipate di trattamento alla luce di una recente proposta di legge al vaglio del Parlamento. Si tratta di un articolato breve, contenente disposizioni volte a regolare l'espressione del consenso del paziente a determinate cure, soprattutto in alcuni casi eticamente sensibili: il fine vita. Si tratta, infatti, della disciplina del consenso come espressione di legittimazione o revoca dei trattamenti medici nei casi di perdita della capacità di intendere e di volere. L'obiettivo della legge è enunciato all'art. 1 e riguarda la tutela della vita e della salute dell'individuo. Viene riconosciuto il diritto di rifiutare qualsiasi accertamento diagnostico o trattamento sanitario, il diritto di revocare il consenso prestato anche quando la revoca comporti l'interruzione del trattamento, incluse la nutrizione e l'idratazione artificiali.

Importante conseguenza, di rilievo penale, di tale novità legislativa12, riguarda l'esenzione da ogni responsabilità civile e penale da parte del medico che avrà rispettato la volontà espressa dal paziente di rifiutare il trattamento sanitario o di rinunciarvi, fermo restando il limite dell'inesigibilità di trattamenti sanitari contrari a norme di legge, alla deontologia professionale o alle buone pratiche assistenziali e l'obbligo da parte del medico di assicurare, nelle situazioni di emergenza o di urgenza, l'assistenza sanitaria indispensabile, ove possibile nel rispetto della volontà del paziente (comma 7 e 8 dell'art. 1). E' stato osservato13 che tale proposta di legge si inserisce al crocevia dei rapporti tra diritto alla salute, consenso informato e libertà di autodeterminazione nelle scelte terapeutiche, anche di fine vita. Si tratterebbe del riconoscimento del ruolo decisivo rivestito dal consenso del paziente al trattamento medico.

In verità, tale proposta di legge per quanto composta da un breve articolato pone sul tappeto una serie di questioni per niente semplici, nonostante il legislatore abbia tentato una notevole semplificazione lessicale. All'art. 1 della legge si dà enfasi al consenso, alla sua definizione, ai richiami costituzionali, al diritto del paziente di rifiutare o revocare il consenso già dato. Gli artt. 2 e 3 della citata proposta si occupano di disciplinare la modalità e di espressione o rifiuto del consenso in caso di soggetti minori e incapaci e in caso di persone maggiorenni e capaci di intendere e di volere. In particolare ogni persona maggiorenne e capace di intendere e di volere può attraverso le disposizioni anticipate di trattamento esprimere la propria preferenza in ordine ai trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali, con possibilità di indicare un fiduciario. Le disposizioni anticipate di trattamento possono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata o quando le condizioni fisiche del paziente non lo consentono, espresse attraverso videoregistrazione o dispositivi elettronici.

Il medico è tenuto a rispettarle, potendole disattendere solo quando sussistono terapie non prevedibili all'atto della sottoscrizione delle disposizioni capaci di assicurare possibilità di miglioramento delle condizioni di vita e in accordo con il fiduciario.

E' stato affermato14 che tale proposta non si limita a disegnare una legge sul testamento biologico ma rende un quadro coerente di tutta la relazione di cura conforme ai principi costituzionali. Si tratta certamente di un provvedimento che ruota tutto attorno al ruolo del consenso e alla sua enfatizzazione, fino ad arrivare al diritto di rifiutare tutte le cure, anche vitali.

Il lessico utilizzato, invero molto semplice, tende ad arginare questioni scivolose: tra i trattamenti rifiutabili o revocabili vi sono anche la nutrizione e l'idratazione artificiale, che in tale proposta vengono definiti trattamenti medici e non sostentamenti ordinari di base, con la possibilità di essere sospesi in caso di mancanza di consenso al trattamento, arginando questioni etiche scivolose. Proprio perché tale provvedimento enfatizza il ruolo del consenso, di conseguenza il trattamento medico non può essere prestato in caso di rifiuto o di revoca del consenso. Altro aspetto importante riguarda l'equiparazione della mancata prestazione del consenso informato con la revoca del consenso precedentemente prestato. Si equipara, in altre parole, la possibilità che il medico possa permettere il mancato inizio di un trattamento medico per assenza del consenso del paziente con il poter permettere l'interruzione di trattamenti medici già iniziati con il consenso del paziente anche attraverso la disattivazione della nutrizione e l'idratazione artificiali.

Tale equiparazione, operata attraverso una semplificazione lessicale estrema ed un'enfatizzazione del consenso informato come diritto di scegliere e rifiutare le cure, purtroppo non risolve una differenza insita nei due casi: nel primo caso si tratta di un non fare, il medico non può iniziare un trattamento medico, pur necessario per la cura e la vita del paziente, se il paziente non ha prestato il suo consenso, nel secondo caso, invece, il medico dovrà attivarsi per sospendere le cure e i trattamenti medici già in corso, determinando così la morte del paziente, lasciando comunque intravedere una certa vicinanza all'eutanasia. L'eccessiva semplificazione lessicale della proposta legislativa non aiuta a superare le perplessità che derivano dall'introduzione delle disposizioni anticipate di trattamento nell'ordinamento giuridico italiano. L'eutanasia è un termine, come ben precisato in un recente studio di rilievo15, che ingenera una certa ambiguità di definizione. Il termine, infatti, può riferirsi a qualsiasi trattamento medico che possa interrompere la vita del malato o qualsiasi atto che possa comportare che la persona muoia. Può equivalere all'omicidio per compassione o all'omicidio nell'interesse della vittima. Può anche ritenersi come ausilio al suicidio, o come atto che comporta la morte di chi soffre. Tali differenti accezioni creano distinti implicazioni etiche e/o giuridiche. Inoltre, spesso si fa riferimento a diversi tipi di eutanasia: attiva, passiva, diretta o indiretta, volontaria o involontaria, creando differenti considerazioni e compatibilità etiche della stessa con il tema del fine vita. Tale complessità terminologica crea indubbiamente una difficile risoluzione dei problemi sottesi alla compatibilità del consenso del paziente con la condotta del medico. In particolare, l'interruzione di un trattamento medico già iniziato o l'interruzione della nutrizione o dell'idratazione artificiali costituiscono certamente una forma di eutanasia passiva che avviene proprio quando il medico si astiene dal praticare cure volte a tenere ancora in vita il malato. In tale proposta legislativa uno dei punti più ambigui riguarda la legittimazione dell'interruzione dei trattamenti medici o della nutrizione o idratazione artificiali se disposte del malato attraverso il consenso espresso nelle disposizione anticipate di trattamento, attraverso una semplificazione lessicale estrema. Inoltre, anche in tema di trattamenti di supporto vitale la complessità delle implicazioni terminologiche non sempre aiuta: i punti d'ombra riguardano l'equiparazione dei trattamenti di supporto vitale con i trattamenti medici senza dimenticare la complessità del caso concreto, differente in ogni situazione/malattia e non facilmente prevedibile o disponibile ora per allora. Infatti, parlare della limitazione dei trattamenti di supporto vitale, con esclusione dei casi di accanimento terapeutico, equiparandoli sic et simpliciter a trattamenti medici permette di superare l'immediata vicinanza con l'eutanasia passiva, inserendola nel raggio di azione del consenso del paziente. Del resto, negli ultimi anni si è creato nell'opinione pubblica, a seguito di casi mediatici posti alla ribalta, un ampio interesse verso la legittimazione dell'eutanasia nei casi in cui ci si trovi di fronte a malattie particolari o in una situazione di sofferenza legata all'impossibilità di cura o a stati vegetativi. In uno studio recente16 è emerso che la decisione della limitazione del trattamento di supporto vitale nei pazienti con ricovero prolungato presa unanimemente dall'equipe medica si realizza con maggiore frequenza in pazienti con comorbilità grave, ossia affetti da più patologie, e che tale decisione non deteriora la relazione tra pazienti e familiari. Ciò non toglie che, a riguardo dei malati in stato vegetativo permanente che pur in condizioni peculiari vivono, è emerso che il loro cervello possa rispondere a a determinate immagini visive o stimoli sensoriali e che vi sono casi di risveglio avvenuto anche dopo molti anni. La disponibilità o l'indisponibilità della vita umana anche nei casi in cui la vita da parte del malato appare non degna non può essere semplificata in una disposizione anticipata di trattamento o nei termini del consenso informato contrattualizzato, ma dovrebbe legarsi sempre alla relazione medico paziente. Il punto è che, probabilmente, non è necessario legiferare sul tema, ma riportare anche le considerazioni sulla limitazione delle cure di supporto vitale o dei trattamenti medici nel contesto clinico e non in quello legale17.

Di certo, seguendo la logica della proposta legislativa appena esaminata, tale semplificazione è rinforzata dall'esenzione della responsabilità penale e civile del medico, in quanto in questi casi non ci troverebbe di fronte ad un aiuto a morire, ma al rispetto di un trattamento medico. Tale equiparazione è rinforzata proprio attraverso e grazie alla lettura enfatizzata del consenso informato contenuto nell'art. 32 della Costituzione.

4. Conclusioni. "Objects in mirror are closer then they appear"

Sia nel caso della criminalizzazione dell'attività medica arbitraria che nelle disposizioni anticipate di trattamento, il ruolo del consenso informato del paziente, in un senso ed in un altro, è fondamentale. Il punto è che nello specchio normativo, alcuni diritti fondamentali appaiono più piccoli di quello che sono, rischiando di distorcere la realtà, anche giuridica. Di fatti, il diritto alla salute nel contesto appena esaminato appare infinitamente ridotto rispetto a come dovrebbe essere, per l'aumentare delle dimensioni del diritto all'autodeterminazione. Allo stesso modo, in questo specchio normativo, il valore dell'indisponibilità della vita umana è infinitamente più piccolo rispetto al diritto all'autodeterminazione. Un'eccessiva enfatizzazione della lettura dell'art. 32 della Cost. in favore del consenso informato ha creato, da una parte, una rilevante estensione dell'area della responsabilità penale dell'intervento medico privo di consenso informato e, dall'altra, una infinita riduzione del rilievo penale di comportamenti di natura eutanasica in presenza del consenso del malato. In pratica, tutto ruota intorno al consenso informato, svilendo non solo la relazione terapeutica tra medico e paziente, ma anche, probabilmente il vero fine della rilevanza del consenso informato, che riguarda il coinvolgimento del paziente per una miglioramento della cura e della partecipazione alle terapie, rendendo in qualche modo omogenea la posizione del medico e del paziente. Invece, in tale visione, la relazione medico-malato si è del tutto contrattualizzata e nuovamente squilibrata, in quanto il consenso permette di disporre della relazione medico-paziente per realizzare la propria autodeterminazione, anche quando questa comporta la disponibilità della vita umana, con evidenti ripercussioni sulla posizione tra medico e paziente. Pertanto, è necessario definire bene la grandezza degli "oggetti" riflessi nello "specchio normativo", per evitare che seguendo queste misure si perda del tutto il valore intrinseco della relazione tra medico e paziente, di cui il consenso riflette solo una parte, delicata ed importante, ma da inserire in un mosaico più grande, per non svalutarne la natura e il fine a cui il consenso dovrebbe essere indirizzato.

Bibliografia

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1Cfr. I. Cavicchi, La clinica e la relazione, Torino, Bollati Boringhieri, 2004.

2Per una ricostruzione completa dell'evoluzione in tema di consenso informato si rimanda a A. Santuosso, Il consenso informato, Milano, Cortina, 1995.

3F. Mantovani, Il consenso informato: pratiche consensuali, in Riv. It. Med. Leg., 2000, p. 9.

4Cfr. C. Lega, Manuale di bioetica e deontologia medica, Milano, 1991.

5Ass. Firenze 18 ottobre 1990, confermata poi anche in Cass. con sent. 13 maggio 1992 n. 5639 nella quale si legge che: "Solo il consenso può escludere l'antigiuridicità del fatto e rendere l'atto legittimo oltre allo stato di necessità, unica altra scriminante che può operare nelle ipotesi di atto medico chirurgico. Inoltre, rifiuta ogni interpretazione analogica, negando l'esistenza di cause di giustificazione non codificate , riferite alla finalità pur sempre terapeutica perseguita dal chirurgo".

6Fra tutti, F. Mantovani, Diritto penale - Parte speciale, vol. I, 2013, Padova, p.110 ss.

7Cass. 9 marzo 2001, n. 1572.

8Cass. 11 luglio 2001, sent. n. 35822, nota come vicenda Firenzani.

9Ci si riferisce a Cass. 29 maggio 2002, n. 3122, nella quale si legge che: "La condotta del medico può integrare gli estremi di una fattispecie di reato solo quando il chirurgo si avventi per gratuità malavagità o per odio verso il malcapitato, ipotesi definita "romanzesca".

10Cass. 21 gennaio 2009 sent. n. 2437. Per un approfondimento sui rilievi critici più rilevanti si rimanda a F. Viganò, Omessa acquisizione del consenso informato del paziente e responsabilità penale del chirurgo: l'approdo (provvisorio?) delle Sezioni Unite, in Cass. Pen., 2009, p.1803.

11Cfr. Cass. 20 arile 2010; n. 21799, Cass. 6 settembre 2011 sent. n. 33136; Cass. 26 marzo 2014, n. 24918.

12Sulla necessità dell'introduzione di una legge che disciplini la possibilità da parte del paziente di negare il consenso al proseguimento delle cure in determinati casi anche nell'ordinamento spagnolo cfr. Casado M., Royes, A. (Coords.), Documento sobre la disposición de la propia vida en determinados supuestos: declaración sobre la eutanasia, 2003, Observatori de Bioética, Universitat de Barcelona p. 13. Per un approfondimento puntuale e specifico sull'impatto delle DAT nel dibattito etico cfr.: Casado M., Royes A. (Coords.), Repercusión e impacto normativo de los documentos del OBD sobre las voluntades anticipadas y sobre la eutanasia, 2010, Observatori de Bioética, Universitat de Barcelona, pp. 17 e seg. E A. Royes, Documento sobre las voluntades anticipadas, 2001, Observatori de Bioética, Universitat de Barcelona, p. 709.

13C. Cupelli, Consenso informato e disp. anticipate di trattamento: dai principi alla legge?, in Diritto penale contemporaneo, marzo 2017, p. 1

14C. Cupelli, Consenso informato e disp. Anticipate di trattamento: dai principi alla legge?, cit., p. 4.

15Casado, M., Royes, A. (Coords.) "Documento sobre la disposición de la propia vida en determinados supuestos: declaración sobre la eutanasia", 2003, p. 11. Casado, M., Royes, A. (Coords.) "Repercusión e impacto normativo de los documentos del OBD sobre las voluntades anticipadas y sobre la eutanasia", 2010.

16Hernández-Tejedor A, Martín MC, Cabré L, Algora A. Wt al. "Limitación del tratamiento de soporte vital en pacientes con ingreso prolongado en UCI. Situación actual en España a la vista del estudio EPIPUSE", Medicina Intensiva 39(7), p. 401, 2014

17Cfr. Gigli G., DAT, sensate nella cura non trasformate in norma, Avvenire 15 giugno 2017. p. 2, il quale riporta le conclusioni espresse in un articolo pubblicato sul New England Journal of Medicine.

Received: November 14, 2017; Accepted: February 16, 2018

Correspondencia: Alice Caputo. Avvocato e professore a contratto di Diritto Penale, Scuola di Specializzazione per le Professioni Legali (SSPL) dell'Università di Salerno, Italia. E- mail: alicecpt@alice.it

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